Tutti i conflitti sono fatti di case distrutte, di lutti e di corpi. Quelli che passano alla storia sono fatti anche di idee. Se bastano trenta denari a trasformare un essere umano in un assassino, per farne un martire serve una causa. E poche sono potenti quanto la lingua nell’operare questa trasformazione.
La lingua è al centro del conflitto ucraino da prima che venisse sparato il primo proiettile. Ne ha scritto oggi su Domani Olga Bibus, in un bell’articolo in cui parte dai suoi ricordi di scuola a Kherson, a lungo città russofona nell’Ucraina meridionale, per arrivare all’imponente campagna di de-russificazione lanciata dal governo di Kyiv negli ultimi anni.
Trent’anni fa, al momento dell’indipendenza, circa l’80 per cento degli abitanti dell’Ucraina si identificava come “ucraino”, ma soltanto un terzo dichiarava di parlare la lingua nazionale nella vita privata. Gli altri parlavano russo o entrambe le lingue senza differenza. Soltanto negli ultimi anni l’uso dell’ucraino ha iniziato a surclassare quello del russo. L’invasione su larga scala ha accelerato questo processo e il governo ha imposto limiti all’uso del russo nelle scuole e nella cultura.
Il sostegno alle politiche di de-russificazione non è omogeno. Anche tra chi sostiene la difesa dell'Ucraina c'è chi non è d'accordo. Queste voci critiche sono spesso silenziose, a volte per timore della maggioranza, a volte per semplice opportunità.
Ma le ricerche e le osservazioni sul campo mostrano che una pluralità se non una vera e propria maggioranza degli ucraini è d’accordo con questo processo, sopratutto tra le élite culturali di Kyiv e dell’Ucraina occidentale. Ma non solo: il mio russo rudimentale ha incontrato più di un cortese o ironico rifiuto anche in zone, come Kherson, un tempo fortemente russofone (sulla de-russificazione dell’Ucraina meridionale potete leggere questo thread Twitter che ho scritto giusto un mese fa).
Come regola generale, penso che nel giornalismo i soggetti del proprio lavoro vadano descritti con i nomi e nei modi in cui essi stessi si riconoscono. Ed è tanto più importante farlo dove l'identità è al centro del conflitto, come in Ucraina. Per tutte queste ragioni ho deciso di imparare l'ucraino in vista del mio trasferimento a Kyiv, dove lavorerò come corrispondente per Domani e altre testate.
Il russo è certamente una lingua più versatile. È parlata, come prima o seconda lingua, in un arco che va dal Pacifico al Baltico, Ucraina compresa. In Donbas è più facile parlare russo persino con i militari fedeli a Kyiv. Ma i media del paese adottano ormai tutti l’ucraino e in un paese dove molti considerano, a torto o a ragione, l’utilizzo del russo una forma di violenza, penso sia una forma minima di rispetto provare a rapportarsi con loro nella lingua che preferiscono.
Ci sarà modo di tornare sull’argomento, ma per il momento è sufficiente dire che con circa il 60 per cento del vocabolario in comune, c’è più differenza tra l’ucraino e il russo che tra la maggior parte delle lingue romanze, che hanno similarità lessicali tra il 75 e il 90 per cento del vocabolario. Questo almeno per quanto riguarda l’ucraino letterario. Quello usato tutti i giorni, invece, è ricco di vocaboli russi, al punto che a volte viene definito surzhyk, un dialetto misto ucraino-russo.
Praticalità e considerazione per il conflitto linguistico in corso sono anche le ragioni per cui preferisco la traslitterazione ufficiale dell’alfabeto ucraino in caratteri latini e il motivo per cui la utilizzerò qui. Scriverò quindi Kyiv e non Kiev, la traslitterazione più diffusa del nome russo della città, e nemmeno Kyjiv o Kyïv, la traslitterazione scientifica usata in ambito accademico.
Già che ci siamo, due righe anche sulla traslitterazione che utilizzerò per i nomi russi. A differenza del governo ucraino, quello russo non ha mai approvato un’unica forma di traslitterazione ufficiale ed utilizza un misto di differenti sistemi. Per ragioni di semplicità e riconoscibilità, qui utilizzerò la traslitterazione più diffusa sui media internazionali. Scriverò quindi Alexei Navalny e non Aleksej Naval'nyj, la traslitterazione scientifica più utilizzata in Italia.
E ora qualche nota personale. Sto terminando il mio trasloco da Roma (uno dei motivi per cui questa newsletter ha impiegato così tanto ad arrivare) e ho finalmente fissato le date del viaggio in Ucraina. Partierò il 22 agosto e arriverò a Kyiv, via Cracovia, la sera del 23, se tutto va bene. Nelle prossime newsletter prima della partenza vorrei raccontarvi gli ultimi articoli che ho pubblicato per Domani e parlarvi di un aspetto molto pratico di tutta questa avventura: ma come ci si arriva in Ucraina?