Orribili confronti
Ha senso paragonare tragedie differenti come la guerra in Ucraina e quella a Gaza?
Qualche giorno fa un mio tweet sul conflitto a Gaza è diventato semi-virale. Come spesso accade in queste circostanze, ho provato un vago senso di colpa. Se hai successo in un ambiente tossico come il social network un tempo noto come Twitter è bene chiedersi dove hai sbagliato.
Il punto del tweet era questo. L’attacco aereo lanciato da Israele su Gaza è la più intensa campagna di bombardamenti da decenni a questa parte. Seimila bombe in una settimana, contro le settemila in un anno al picco della guerra in Afghanistan o lo stesso numero negli otto mesi dell’intervento in Libia del 2011.
Per trovare numeri paragonabili a quelli israeliani bisogna risalire all’invasione dell’Iraq del 2003, quando in un mese la coalizione guidata dagli Stati Uniti sganciò 29mila missili e bombe - ma in quel caso uno degli obiettivi era un esercito regolare schierato in campo aperto.
Non sono stato il primo a scoprire questi numeri né a fare questi paragoni. Gli esperti ne parlano da giorni. In alcuni casi per criticare la violenza dell’attacco, in altri per lodare la capacità israeliana di identificare bersagli.
La mia aggiunta “originale”, diciamo così, è stata indicare anche i numeri di un’altra campagna aerea, una che, almeno in Europa, è considerata brutale ed eccessiva da quasi chiunque: quella che da un anno la Russia conduce contro le città ucraine dietro la linea fronte. Secondo i dati forniti dalle stesse autorità militari di Kyiv, in diciotto mesi di guerra la Russia gli ha lanciato circa 5mila tra missili e droni. Meno di quanto fatto da Israele in una settimana.
Com’era inevitabile, il tweet ha attirato alcune critiche, ma erano molti più coloro che lo condividevano. Il problema era che lo facevano con affermazione del tipo: «Chi è più terrorista dei terroristi di Hamas!» e «Israele è molto peggio della Russia che ha invaso l’Ucraina!».
Una comune giustificazione che viene utilizzata in questi casi è che non siamo responsabili per l’uso cretino che viene fatto del nostro lavoro. Dopotutto, “Ho solo pubblicato dei dati!”. Una giustificazione, però, che non mi convince molto. Se il lavoro di un giornalista si presta facilmente alla manipolazione, allora forse c’era un problema fin dall’inizio.
La saggezza dovrebbe spingerci a essere molto prudenti quando ci cimentiamo in esercizi delicati come confrontare diverse tragedie. Basta poco per dare l’impressione di volerne minimizzare una rispetto all’altra. La scelta del momento è altrettanto importante. Quando il dolore è fresco e le emozioni forti mettersi a contare bombe e morti non è certo il più umano degli esercizi.
Ma c’è anche un argomento contrario a questi e che non va scartato su due piedi. Il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto che la finestra di opportunità in cui il governo Nethanyahu può agire impunemente su Gaza è destinata a chiudersi quando i suoi alleati si renderanno conto delle dimensioni della tragedia che sta avvenendo.
Abbiamo visto in queste ultime ore la finestra iniziare a socchiudersi. Biden ha ricordato che i civili non devono pagare per i crimini di Hamas e la Commissione europea ha finalmente aggiunto le parole “nei limiti delle leggi internazionali” alle sue dichiarazioni sul diritto di difesa di Israele. In risposta, il governo Nethanyahu ha ripristinato parzialmente la fornitura d’acqua nel sud di Gaza e ha concesso l’ingresso di alcuni aiuti umanitari dall’Egitto.
Dietro il cambio di tono da parte degli alleati e dietro i passettini indietro compiuti dal governo israeliano c’è soprattutto il timore di un conflitto regionale. Ma penso che anche la vastità dell’attacco aereo e della sofferenza che ha inflitto abbia avuto un ruolo. Testimonianze, fotografie, video hanno avuto una parte importante nel determinare la doppia reazione, dall’alto e dal basso, che ha prodotto questi piccoli e iniziali cambiamenti. È folle pensare che anche i crudeli numeri - di bombe, di morti, di feriti - abbiano avuto la loro parte?
C’è un crinale sottile tra l’uso dei numeri per un’effettiva comprensione di fenomeni tragici e il comportarsi da “ragionieri della morte”, come mi definì un utente all’epoca della precedente invasione di Gaza. Cercare di restare dalla parte giusta di questo spartiacque è particolarmente complesso mentre si scrive su “Twitter”, o “X”, dove tutto ci incentiva ad essere rapidi, sintetici e taglienti. Una lezione di cui è bene ricordarsi, soprattutto in questi giorni.
Credo sarebbe più corretto paragonare la quantità di esplosivi lanciati ed il modo più efficiente per farlo è con l’artiglieria, non con bombe e missili. La Russia è arrivata a sparare anche 50000 colpi di artiglieria al giorno. In totale si parla di diversi milioni di proiettili. Sono ordini di grandezza diversi da ciò che sta facendo Israele che seguono concetti strategici diversi. O almeno così é stato finora. Non credo Israele avrebbe la capacità di replicare il modello russo. E non credo possa andare avanti molto su questi ritmi Israele e il sostegno US diventerà fondamentale a breve. Dubito anche sia un modo efficiente di colpire Hamas che sarà stata pronta ad una campagna aerea (e infatti quella di terra aspetta…). Il discorso sulla finestra di opportunità può avere senso, personalmente vedo anche forse l’idea di trascinare lo scontro ad un livello più alto per superare/mascherare gli errori colossali commessi e le responsabilità individuali. Nel frattempo assicurandosi decenni di palestinesi radicalizzati/traumatizzati/disperati. Ho letto ucraini sinceramente interessati a capire perché i palestinesi non dovrebbero difendersi come loro. Questo mi sembra interessante…