
Per chi dovesse capitare qui per la prima volta, mi chiamo Davide Maria De Luca, sono un giornalista e da poco più di un anno vivo a Kyiv dove faccio il reporter di guerra. Nell’ultima puntata di questa newsletter ho parlato del rapporto di come quella in Ucraina sia l’esempio di un nuovo tipo di conflitto, una guerra del terzo capitalismo. Se ti piace quello che leggi, condividilo con qualcuno a cui pensi possa interessare. E se vuoi sostenermi, puoi iscriverti alla newsletter o seguirmi su X.
Buon anno e ben trovati. Sono appena tornato a Kyiv, dopo aver trascorso qualche giorno in Italia e tre settimane in Vietnam, un paese straordinario dove le falci e martello e le celebrazioni della lotta per l’indipendenza e il comunismo coesistono con le più selvagge manifestazioni del capitalismo moderno. Ne ho scritto un breve thread su X.
Durante il viaggio, ho visto e letto molto sulla lunga guerra per l’indipendenza del paese (in particolare segnalo il monumentale Vietnam: An Epic Tragedy, 1945-1975 del giornalista Max Hastings che, letto con un po’ di senso critico, è un’eccellente guida introduttiva al conflitto). Mettere a contrasto quel che è accaduto in Vietnam e quello che sta accadendo oggi in Ucraina mi sembra un buon modo per tornare a scrivere in questa newsletter e fare un punto sulla situazione.


Iniziamo con un breve ripasso: come tutti sapete, la lunga guerra di Indocina inizia nel 1946, con le prime insurrezioni vietnamite contro il dominio francese, e si conclude nel 1975, con l’ingresso delle truppe nordvietnamite nell’allora capitale del Sud, Saigon.
La prima domanda da porsi è se in questa metafora l’Ucraina rappresenti il Nord comunista che lottava per la riunificazione del paese, oppure il Sud sostenuto prima dalla Francia e poi dagli Stati Uniti. Penso non ci siano dubbi sul fatto che, nella grande scala delle cose, l’Ucraina di oggi si trova in una situazione più simile a quella del Vietnam del Nord: impegnata in un conflitto per mantenere la sua autonomia e recuperare territori occupati da un potenza straniera, mentre riceve aiuti indiretti, e spesso non sufficienti, dai suoi alleati.
La situazione che abbiamo davanti oggi, però, ci costringe a un cambio di metafora e spero che mi perdonerete questo pasticcio. Se da un punto di vista del contesto storico, infatti, le cose sembrano chiare (Kiev come Hanoi, la capitale del Vietnam del Nord), oggi gli ucraini stanno perdendo la guerra - non vincendo, i loro alleati minacciano di ridurre gli aiuti e nel frattempo cercano di accordarsi alle loro spalle con i loro nemici (se siete un po’ spaeati di fronte alle recenti notizie di possibili trattative di pace, ho scritto su X un paio di post che potrebbero aiutarvi). In altre parole, l’Ucraina di oggi ricorda il mare di guai nei quali si trovava il governo di Saigon nei giorni del ritiro delle truppe americane e dei negoziati di Kissinger con il Vientam del Nord. Proviamo a partire da qui il nostro contrasto e vediamo dove ci porta.
Nel 1973, al momento del ritiro degli americani, uno dei problemi principali del governo del Vietnam del Sud era la sua mancanza di legittimità. Dopo una sequenza interminabile di colpi di stato, il paese era guidato da una corrotta giunta di generali giudicati da molti semplici burattini degli Stati Uniti. Al governo si opponeva non solo l’insurrezione comunista sostenuta dal Nord, i Vietcong, ma anche un’agguerrito movimento buddista favorevole alla pace.
Élite e classe media preferivano l’instabile governo di Saigon alla dominazione comunista, ma Vietcong e soldati del nord si muovevano indisturbati nelle campagne grazie al sostegno di una larga fetta della popolazione rurale, mentre le truppe del governo controllavano soltanto le maggiori città e poche strade principali.
Ora vi chiedo un po’ di pazienza perché ci servirà qualche numero per comprendere meglio la situazione di cui stiamo parlando. Nonostante tutti i suoi limiti, al momento dell’ultima offensiva nordvietnamita, nel 1975, il governo del Sud aveva ai suoi ordini un esercito di un milione di soldati, il quarto al mondo, dotato di equipaggiamenti americani all’avanguardia. In poco più di un decennio, si calcola che Saigon sia riuscito a mobilitare circa 2,5 milioni di soldati su una popolazione di meno di 20 milioni: una cifra ragguardevole. Uno sforzo costato però al paese almeno 1,5 milioni di morti e feriti tra gli uomini in uniforme.
Stremato dalle perdite, dalla corruzione e dal senso di tradimento causato dal ritiro americano nel 1973, l’esercito del Sud crollò nel giro di un anno, tra il 1974 e il 1975, sorprendendo persino i militari del nord per la rapidità e completezza del suo collasso - un episodio non dissimile dalla fine ingloriosa del governo afgano e del suo esercito sotto l’assalto dei Talebani dopo il ritiro degli Stati Uniti nel 2021.
Ed eccoci all’Ucraina di oggi, con cui i paralleli sono evidenti: la volontà degli Stati Uniti di disimpegnarsi, l’ombra di negoziati sfavorevoli sempre più incombente, la situazione militare sempre più difficile, con un esercito logorato da perdite, scandali di corruzion ed endemiche difficoltà a reclutare nuovo personale. Altrettanto evidenti, però, sono i contrasti e credo sia significativo sottolinearli.
A Kiev siede un presidente eletto con il più alto numero di voti nella storia del paese e che, secondo gli ultimi sondaggi, gode ancora della fiducia di più di metà degli ucraini (una percentuale in calo dall’80 per cento di un anno fa, ma comunque considerevole). A differenza del Vietnam del Sud, in Ucraina non esistono forze di opposizione strutturate contrarie alle politiche del governo. Anche se i singoli provvedimenti voluti da Zelensky sono spesso contestati, solo attori politici marginali e con poco seguito sostengono la necessità di una fine del conflitto ad ogni costo.
Nel paese non esistono formazioni ribelli filo-russe né si sono mai verificate manifestazioni per la pace o episodi di disobbedienza organizzata. Anche l’attuale governo non piace a molti per come conduce la guerra, coloro che gli si oppongono chiedendo l’inizio di negoziati sono al momento una minoranza disorganizzata.
É vero che Kiev fatica a trovare abbastanza soldati con cui difendersi e se guardiamo ai numeri emerge una situazione più critica di quella del Vietnam del Sud. In tre anni di guerra, il governo ucraino è riuscito a mobilitare probabilmente meno di 1,5 milioni di persone, su una popolazione di oltre 35. Una frazione dello sforzo bellico di Saigon.
Questo, però, credo sia un segno più della differenza tra il contesto socio-economico dei due paesi, piuttosto che un sintomo della maggiore volontà dei sudvietnamiti di difendere il loro paese. Su Jacobin ho pubblicato, in inglese, una riflessione proprio sul peculiare modo di fare condurre una guerra “limitata”, rispetto a conflitti del passato, adottato da Ucraina e Russia.
L’Ucraina ha istituzioni più solide e legittime e combatte per una causa più chiara del Vietnam del Sud, fattori che di solito producono eserciti dal morale alto, e sul morale dei soldati ucraini, fino a qualche mese, avrei scommesso senza esitare. Settimane trascorse su numerosi fronti incontrando decine e decine di soldati ucraini mi avevano dato l’impressione di un esercito stanco e demoralizzato, ma ancora combattivo e ben lontano dal collasso.
Oggi però mi interrogo quanto il proseguire della guerra e, soprattutto, l’imminente prospettiva di negoziati di pace abbia intaccato il morale delle forze armate. Insubordinazioni e diserzioni sembrano sempre più comuni, così come i casi di chi si nasconde o fugge per sfuggire alla mobilitazione. Dai soli resconti della stampa è però difficile farsi un’idea di quanto diffusi e potenzialmente catastrofici sono davvero questi fenomeni. Nelle prossime settimane conto di tornare al fronte in più di un’occasione e spero di poter formulare una nuova opinione su questo punto.
Ed eccoci alla classica conclusione a cui qualsiasi storico degno di questo nome giunge inevitabilmente quando mette a confronto due fenomeni distanti nel tempo e nelle circostanze. Ci sono punti in comune ma anche grandi differenze. Le storie del passato non sono mai manuali di istruzione su come comportarsi in futuro, tuttavia possono aiutarci a capire dove è meglio guardare e quali dettagli non farsi sfuggire.
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