Se è la prima volta che vedi questa newsletter qui puoi trovare qualche informazione su chi sono e su che cos’è questo progetto. Nell’ultima puntata ho ricostruito la storia delle trattative di pace tra Russia e Ucraina nella primavera del 2022. Se ti piace quello che leggi, condividilo con qualcuno a cui pensi possa interessare. E se vuoi sostenermi, puoi iscriverti alla newsletter o seguirmi su X.
Poche ore dopo che un proiettile ha mancato di pochi centimetri la testa del candidato presidente degli Stati Uniti Donald Trump, decine di commentatori in tutto il mondo stanno dando per scontata la sua vittoria alle elezioni del prossimo novembre. La solidarietà in seguito all’attentato, dicono, ne consoliderà il vantaggio già acquisito e segnerà la fine del rivale, Joe Biden.
In realtà, nulla è scontato. Nel 2018, il brasiliano Jair Bolsonaro ha vinto le elezioni dopo essere stato accoltellato, ma nel 1912 Theodore Roosevelt le perse dopo essere stato ferito al petto da un colpo di pistola. Aggiungiamo che nei velocissimi cicli della politica contemporanea quattro mesi sono sufficienti a far dimenticare anche un tentato omicidio, mentre la polarizzazione politica degli Stati Uniti rende complicato per qualsiasi avvenimento spostare significative quantità di voti.
Ma certo è che una seconda presidenza Trump non è mai apparsa così vicina come ora. E quindi vale la pena provare a chiedersi quali conseguenze avrebbe per l’Ucraina. È ovviamente impossibile prevedere come Trump metterà in pratica le sue parole - se non altro perché in passato non si è dimostrato il più consistente dei politici. Possiamo però provare a fare qualche ipotesi.
Sappiamo che Trump ha criticato gli aiuti all’Ucraina, ha chiesto all’Europa di contribuire di più e ha detto che farebbe finire il conflitto in 24 ore. Secondo diverse fonti, Trump potrebbe continuare a offrire aiuti a Kyiv, ma solo a condizione della partecipazione a un processo di pace.
Per molti sostenitori di Kyiv si tratta di un programma catastrofico destinato ad aprire le porte a una vittoria di Putin. Ma queste osservazioni trascurano il fatto che già oggi l’Ucraina non si trova su una traiettoria che conduce alla riconquista dei territori occupati e alla sconfitta della Russia. La quantità di sostegno che riceve dai suoi alleati, che secondo molti è arrivata ormai al picco, è sufficiente ad alimentare uno stallo con un costo crescente per le forze armate di Kyiv e per le sue infrastrutture civili.
Per questa ragione, penso che un’eventuale vittoria accelererà dinamiche già in corso, ma senza causare reali e radicali cambiamenti - per quanto le apparenze potrebbero sembrare opposte. Segnali presenti già dalla scorsa estate indicano che Kyiv si sta già preparando a negoziare. La ragione per cui non avviene già oggi è che la leadership ucraina ritiene che nel prossimo futuro potrebbe trovarsi in una posizione migliore per farlo.
L’effetto principale di una vittoria di Trump sarebbe quello di anticipare i calcoli di Kyiv. Nella leadership ucraina, alcuni potrebbero persino accogliere positivamente l’implicita pressione negoziale di una presidenza repubblicana, poiché toglierà loro la responsabilità di trovare una soluzione a un conflitto che da tempo non sembra più possibile vincere.
Tutto questo non garantirà affatto la fine del conflitto è facile immaginare i negoziati deragliare nonostante le pressioni esterne, o produrre un conflitto congelato invece che una vera e propria pace. Le personalità di Trump e Putin potrebbero facilmente entrare in conflitto e nella stessa ucraina potrebbero sorgere altre dinamiche politiche.
In conclusione, una vittoria di Trump avrà l’effetto di aggiungere ulteriore pressione alle leadership di Kyiv per trovare una via di uscita dalla guerra che non sembri una capitolazione, ma difficilmente si tramuterà in un completo cambio di scenario. La guerra, come la pace, ha una sua inerzia. Non è semplice far cambiare loro rotta.
La guerra dei padri
Per Finzioni, il mensile di narrativa di Domani, ho scritto un racconto basato su numerose interviste che ho raccolto in circa un anno e mezzo di viaggi in Ucraina. Le forze armate ucraine sono composte in maggioranza da uomini di mezz’età, padri di famiglia mobilitati nell’esercito dai loro villaggi di campagna. Questa è la storia di uno di loro. Qui potete leggere un estratto. Se il racconto vi piace, potete acquistarlo in edicola insieme a Domani.
È stato allora che l’ho incontrato per la prima volta. Era uno splendido pomeriggio d’estate, a dieci chilometri dal fronte di Orikhiv. Mi trovavo in un campo di addestramento con un sergente della 47esima brigata, un veterano dalla barba nera come pece che si era arruolato nel 2014 con i battaglioni volontari di Settore destro, una coalizione di gruppi dell’estrema destra nazionalista.
A gruppi di venti, ci passavano davanti soldati delle unità di seconda linea e mobilitati di fresco, plotoni di padri e di nonni dai capelli grigi, alcuni sorridenti e di buon umore come fossero una scampagnata, molti con i volti smarriti, impacciati nell’impugnare i loro Kalashnikov.
Mentre li guardavamo sfilare, il sergente scuoteva il capo e abbassava gli occhi sulla punta dei suoi anfibi anfibi. L’esercito ucraino non era mai stato un esercito dei giovani, ma con le perdite causate dalla controffensiva la situazione stava peggiorando di settimana in settimana. La guerra è una faccenda per giovani, diceva il sergente, i vecchi non riescono a correre.
Volodymyr camminava in uno dei gruppi di soldati-padri. Sorrideva e vedevo che, incuriosito, mi cercava con gli occhi - ero l’unico in tutto il poligono vestito da civile. Tramite un interprete parlammo per un po’ di Lyman, della sua vita, della sua famiglia.
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