Se è la prima volta che vedi questa newsletter qui puoi trovare qualche informazione su chi sono e su che cos’è questo progetto. Nell’ultima puntata ho provato a spiegare le nuove leggi sulla mobilitazione ucraina e quello che comportano. Se ti piace quello che leggi, condividilo con qualcuno a cui pensi possa interessare. E se vuoi sostenermi, puoi iscriverti alla newsletter o seguirmi su X.
Dopo un mese passato in Italia, sono tornato in Ucraina dove la luce manca in senso letterale e se ne vede sempre meno anche in senso metaforico. Partiamo dal caso più concreto: da circa una settimana in tutto il paese sono in corso blackout programmati. A due ore di energia elettrica garantita seguono tre ore in cui sono possibili distacchi e poi altre quattro in cui i distacchi sono sicuri.
La tabella oraria può essere consulata sul sito dell’operatore energetico della propria regione, inserendo via e numero civico del proprio appartamento. Qui sotto trovate lo schema di casa mia, nel centro di Kyiv.
Ci sono numerose eccezioni. Ad esempio, i distacchi previsti durante il giorno spesso non avvengono e la corrente continua ad arrivare e certe abitazioni che, per ragioni in gran parte imperscrutabili, non vengono mai distaccate dalla rete - ad esempio, nel palazzo di fronte al mio fino ad oggi le luci sono sempre rimaste accese, con l’eccezione di un paio d’ore ieri sera.
La ragione di questa situazione sono i devastanti attacchi aerei che la Russia ha lanciato sul sistema elettrico ucraino nel corso di marzo e aprile - non più, come nell’inverno 2022-23, contro trasformatori e linee ad alta tensione, ma direttamente contro le centrali.
Se la situazione è già così grave in primavera, con i consumi elettrici al minimo, è abbastanza preoccupante pensare a cosa sarà l’estate, quando con il caldo e l’accensione dei condizionatori aumenterà la domanda di energia, e, soprattutto, in inverno, periodo in cui in Ucraina i consumi sono al loro massimo.
Per quanto riguarda la mancanza di luce metaforica, è abbastanza chiaro dove voglio arrivare. Penso che la nuova offensiva lanciata dai russi contro Kharkiv abbia segnato un punto di svolta nel conflitto, le cui implicazioni psicologiche non si sono ancora manifestate in pieno.
Il problema non è il rischio di un crollo del fronte, non ancora, o quello di perdere una grande città. Come avviene ormai da più di un anno, anche questa nuova operazione ha visto avanzate che si misurano in poche decine di chilometri quadrati. I russi hanno occupato una ventina di villaggi di confine e gli ucraini sembrano già riusciti a stabilizzare la situazione. Kharkiv, seconda città del paese e importante centro industriale, non rischia di cadere (per ora).
Ma con questo nuovo attacco, l’esercito russo ha dimostrato che dopo aver trascorso otto mesi ininterrotti all’offensiva non solo non ha esaurito le energie, ma ha ancora risorse sufficienti da poter aprire un nuovo fronte in un’area fino ad ora tranquilla, costringendo gli ucraini a disperdere ancor di più le loro già esigue forze. E questo, senza che il governo di Mosca abbia dovuto ricorrere a nuovi e impopolari reclutamenti di massa o draconiane misure di mobilitazione economica.
Senza un’escalation dell’impegno di Europa e Stati Uniti nel conflitto, è sempre più difficile immaginare che l’Ucraina possa fare molto più che cedere lentamente altro terreno, facendolo pagare caramente, ma dissanguandosi a sua volta.
In questo mese abbondante trascorso in Italia senza aggiornate questa newsletter non sono certo rimasto con le mani in mano. Ecco alcuni dei principali lavori che ho realizzato in questi giorni, altri arriveranno nelle prossime newsletter.
A Chasiv Yar, sotto assedio dell’esercito russo
I primi feriti arrivano al punto di stabilizzazione poco dopo le sette di sera. Sono in quattro e tranne uno hanno tutti più di quarant’anni. Hanno gli occhi sbarrati e tremano, ancora sotto shock per l’esplosione di un drone o forse di un proiettile di mortaio – non sono in grado di dirlo. Ma non sono feriti in modo grave. Entrano sulle loro gambe, i paramedici li aiutano a togliersi le uniformi e quando sono in mutande li accompagnano in una stanza oltre un paravento di plastica. (Continua a leggere su Il Post)
Una notte nel club più edgy di Kyiv
Il successo della musica elettronica in Ucraina è iniziato dopo Maidan, la rivoluzione del 2014 che causò la fuga dell’allora presidente e l’inizio dell’intervento armato russo nel paese. Maya Baklanova, giornalista musicale e attivista, che lavora nei circoli creativi di Kiev da un decennio, spiega che dopo la “rivoluzione della dignità”, come molti ucraini chiamano Maidan, diverse realtà sono nate tutte insieme: «Il primo è stato il Closer, uno dei centri culturali più importanti della scena di Kiev e di tutta l’Ucraina, dove si organizzano eventi di musica elettronica, ma anche jazz, gallerie d’arte e un po’ di tutto. In quegli anni è arrivata anche Cxema [che si legge “schema”], un rave nato in un garage che prima della guerra era arrivato ad avere cinquemila partecipanti». (Continua a leggere su Il Post)
Intervista alla premio Nobel ucraina Oleksandra Matviichuk
«Questa non è una guerra solo di Putin: è una guerra dei russi. Quando parlavo di impero, intendevo dire che i russi non hanno imparato le lezioni della storia. In gran parte sostengono la guerra, continuano a credere di avere il diritto a invadere altri paesi e di uccidere le persone che non vogliono l’occupazione russa. Il presidente Zelensky ha preparato un formula di pace che sarà discussa in Svizzera il prossimo mese. Pensiamo tutti a strategie a lungo termine. Non stiamo combattendo solo per noi». (Continua a leggere su Domani)
Grazie Davide per questa newsletter! Trovo sempre interessanti sia i tuoi articoli che questi pezzi. Ho una domanda: nella vita di ogni giorno, supermercati, locali, parchi, gli uomini ci sono, o rimangono a casa uscendo per lo stretto necessario, per il rischio di essere arruolati a forza? Ho degli amici a Kyiv che escono pochissimo per questo motivo, ma quando vedo foto e video il realtà mi sembra che altri siano molto più tranquilli. Da qui è difficile avere il "termometro" della situazione. Grazie!